Iran, veli e malcontenti

Siamo al quarto mese di proteste in Iran, dopo la morte di Mahsa Amini, avvenuta lo scorso 16 settembre. La ragazza ventiduenne si trovava in visita a Teheran, capitale iraniana, con la propria famiglia, quando è stata arrestata dalla polizia morale il 13 settembre per quello che è stato definito un “abbigliamento inappropriato”. La polizia ha rilasciato un filmato che mostra la ragazza intenta a parlare con un agente, quando di colpo si accascia al suolo. Il rapporto di un medico legale dichiara che la morte è dovuta a una malattia, tuttavia la sua famiglia rigetta i resoconti ufficiali. Da allora il Paese è scosso da scioperi e proteste.

Il bilancio delle vittime secondo la Human Rights Activists News Agency, al 21 dicembre, è pari a 506. 69 i bambini uccisi,  66 le forze del regime uccise, le persone arrestate, 4.020, numero di studenti arrestati 654 gli studenti arrestati, numero di proteste 1.196 il totale delle proteste in 161 città.

In occasione di questo appuntamento, per fornire una lettura quanto più comprensiva possibile di quello che sta accadendo in Iran, ho bussato alla porta di Lorenzo Forlani, giornalista freelance che si occupa da più di dieci anni di Medio Oriente. Premetto che la conoscenza appassionata di Lorenzo travolge come un audiolibro a velocità 2x. È un vero peccato non poter condividere tutta la sua ricchezza in questo articolo.

 

Lorenzo, se dovessimo spiegare in poche righe cosa sta succedendo in Iran, come riassumeresti i fatti?

«La morte di Mahsa Amini è una delle gocce che hanno fatto traboccare tanti piccoli vasi. Indubbiamente le proteste sono legate alla sua morte, ma sono anche in parte la coda lunga di un malcontento socio-culturale che persiste da anni, soprattutto nelle grandi città e tra i giovani».

 

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